La rotta migratoria dell’anima

12,00 

di Bruna Macaluso

Un viaggio interiore tra luoghi e ricordi

Viaggiare è un atto fisico, ma soprattutto uno stato mentale.
In un periodo di costrizioni sociali e imposizioni mediatiche votate alla paura verso chi/cosa ci sta accanto, la possibile salvezza passa anche attraverso i nostri viaggi interiori, in cui l’anima vaga tra ricordi e luoghi ancora da visitare, alla ricerca di oasi pacifiche e di una salvifica conoscenza del Sé.
Dove ci condurrà la rotta migratoria dell’anima?
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Ecco un’anteprima del romanzo di Bruna Macaluso.
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Muoversi dentro il silenzio
Quando ero piccola non parlavo, non ci riuscivo. Forse perché non mi piaceva ciò che ascoltavo.
Gli esseri umani che avevo intorno erano tanto indaffarati nei loro ritmi quotidiani da poter far perdere le mie tracce senza suscitare alcuna preoccupazione e così sparivo trascorrendo ore ed ore all’aperto.
Ricordo una piccola me inghiottita in un prato di erba altissima che diventa tana e mi fa star bene, mi fa sentire al sicuro. Lì fuori ero più me stessa che non dietro le mura di casa perché anziché proteggermi mi respingevano come fossi un numero di troppo, un disavanzo.
Avevo paura ad addormentarmi la notte anche se eravamo in cinque nella stessa stanza.
Neppure una piccola luce sotto il letto mi rilassava e l’unica cosa che serviva era il braccio caldo, stanco ma possente del mio papà che si concedeva alla mia richiesta di aiuto per attraversare l’oscurità.
Nessuno parlava, nessuno diceva niente… figuriamoci se c’era il tempo di una fiaba dentro tutta quella stanchezza.
Mi accontentavo di quel braccio, ma nessuno poteva staccarmi da quel appiglio che non mollavo neanche per un istante fino al mattino.
La scuola non mi piaceva, ovviamente. Una bambina come me poteva solo essere derisa o esclusa.
Passavo il tempo nell’attesa della campanella e finalmente mi sentivo libera nella mia vita in campagna.
Quel ricordo si intreccia con ciò che vivo ora mentre ripercorro le stesse strade di quell’infanzia passata per metà del tempo nell’ombra e che mi ha spinta a cercare sempre punti di forza assorbendoli da fuori.
Quando entri in una vita sentendoti respinta devi imparare ad aggrapparti per non cadere e mentre cerchi di adattarti a qualcosa che non sai crescono insieme follia e sensibilità.
 
Il silenzio per me è una necessità, un’opportunità ritrovata.
Non temo ciò che non sento e non ho l’impellente bisogno di nutrirmi di parole.
Attendo le mie: mentre l’uomo è all’angolo del ring, la Natura si riprende il suo spazio ed il suo tempo ed io riprendo con lei quel meraviglioso dialogo che si era interrotto con quei fili d’erba che sapevano accarezzarmi per attutire la solitudine che sentivo dentro.
 
Tra la vita e la morte del film proiettato all’esterno, il mio mondo interiore si apre per accogliere la Bellezza di quel quadro di cui io faccio parte. Adesso che vedo e sento posso nutrirmi con le parole che scelgo e non ho bisogno di qualcuno che mi racconti le fiabe del passato.
 
La natura ha iniziato a darmi spunti ed immagini per poi far fluire parole e racconti attraverso le mie mani e così ho iniziato a scrivere le fiabe che nessuno ha mai avuto il tempo di raccontarmi per far pace con quella bambina che passava troppo tempo da sola pensando di non essere amata.
Si può ricevere un dono così grande in un momento tanto fragile?
Evidentemente sì se questo è il vero sentire dell’anima che ha ritrovato il suo posto grazie al silenzio.
È lui il mio compagno speciale. Mi fa ritrovare la rotta ogni volta che mi perdo dentro una verbalizzazione malata proprio come gli uccelli migratori che si confondono per colpa delle incursioni umane.
 
Nel silenzio mi muovo e vivo.
Dentro le parole ed i pensieri degli altri tutto si spegne ed il palcoscenico è un posto freddo e vuoto dove non ho più voglia di recitare e così scrivo prendendo con gratitudine le parole dentro lo scrigno che mi è stato messo nelle mani.
Continuo comunque a percepire similitudini profonde tra quel fiume di fango e tutto ciò che accade come se non ci fosse più tempo per rimandare il proprio destino o crogiolarsi dentro il solito vittimismo.
Il cuore, una volta acceso, non accetta compromessi.
Inizia a buttarti davanti casa tutto ciò che trova.
Hai un’ultima occasione per poter trattenere qualcosa poi chiude la porta e con quel poco che ti è rimasto, ti guarda, ti sorride e ti sospinge. Non devi più girare in tondo per le tue risposte: sai di averle dentro e di poterti lasciare andare tra le braccia della vita che ti proporrà il suo migliore menù degustazione insegnandoti ad apprezzare anche le ombre per raggiungere il vero punto di pace.
 
Mi ritrovo a non avere più paura del buio e la bambina che ero può finalmente addormentarsi senza il bisogno di aver qualcuno accanto a cui aggrapparsi.
 
In questo silenzio che mi spoglia come fa l’autunno con le piante, col pensiero migro verso una terra più calda, rivivendo d’improvviso il ricordo di una cara amica che fu, Laura, e del mio incontro rivelatore con un cormorano presso l’isola di Paros, in Grecia.


CONTINUA…

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