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7 aprile 2033
«Ann stai di nuovo fissando il vuoto? Concentrati! Se non imparerai a memoria cosa fare in caso di pericolo non potrai salvarti quando andrò via per il raccolto!» sbottò Jack mentre cercava di spiegarle per l’ennesima volta come attivare le numerose trappole piazzate attorno alla Locus 3.
Erano trascorsi ormai tre mesi da quando Ernest aveva rivelato ad Ann chi fossero davvero gli Aeterni; tre mesi durante i quali Ann stava imparando a convivere con l’idea che quella sarebbe stata per sempre la sua vita. Conviveva anche con un’ossessione, che Jack si rifiutava di affrontare: Ernest sarebbe ritornato a prenderla. Nessun Mortales era mai sopravvissuto ad Aeterna, non poteva di certo essere lei la prima.
Le sembrava, in quei mesi, di vivere due vite separate: in una lei e Jack trascorrevano le giornate insieme, come una coppia qualsiasi del mondo esterno, mentre nell’altra, quella che più si avvicinava alla realtà, lei sopravviveva cercando di nascondere a se stessa la disperazione di una vita piena di fragilità. Il mondo là fuori, quello che per ventun anni era stato il suo mondo, era diventato ormai un ricordo, o forse un miraggio reso irraggiungibile da un muro invalicabile. Non sapeva più nulla delle persone che amava e loro non sapevano niente di lei. Intorno alla Locus si nascondevano insidie, pericoli e uomini – anzi: Aeterni – pronti a ucciderla. Jack, quel Jack di cui in fondo non sapeva granché, era l’unica ancora rimasta a cui aggrapparsi.
Cercava di rimuovere dalla testa il pensiero di coloro che probabilmente la stavano cercando: era un pensiero troppo doloroso, troppo ingombrante, non c’era spazio per quella sofferenza ad Aeterna, e forse proprio quella sofferenza era l’unica cosa che li accomunava tutti, o meglio accomunava chiunque avesse lasciato qualcuno indietro, nel mondo esterno. Tutti tranne i preferiti di Ernest, i Puri, nati ad Aeterna. Per loro non c’erano legami e non c’era una vita precedente di cui serbare un ricordo.
In quei tre mesi Ann si era fatta raccontare da Jack, per quanto fosse difficile farlo parlare, com’era organizzata Aeterna. Aveva capito sostanzialmente che gli abitanti si dividevano in Prelevati e Puri: i Prelevati erano ovviamente quelli rapiti nel corso degli anni, mentre i Puri erano nati ad Aeterna e avevano dimostrato fin da subito di avere un qualche potere ; quelli nati senza poteri, invece, erano stati uccisi durante i primi giorni di vita. C’erano poi i membri dell’esercito, come Jack, e i civili, ovvero tutti coloro che svolgevano un qualsiasi lavoro che contribuisse al sostentamento di Aeterna, i quali però non erano esattamente al corrente di ciò che accadesse fuori dalle mura della città. Facevano parte dell’esercito quelli con i poteri più utili a Ernest, o comunque con i livelli più alti, meglio se uomini .
Ann stava cominciando a capire, eppure tutto ancora le appariva così assurdo: in fondo, a parte il potere di Jack, gli altri non li aveva visti con i suoi occhi.
Troppe domande, troppe insicurezze… Ann stava iniziando a credere che quello che provava per Jack fosse amore ma non ne era sicura; aveva mai amato davvero? Viveva con la costante incertezza che tutto fosse stato enfatizzato dalla situazione e che entrambi, una volta fuori da Aeterna, si sarebbero scordati uno dell’altra. Forse avevano iniziato ad amarsi soltanto perché non c’era nient’altro a cui aggrapparsi, niente per cui lottare e per cui salvarsi. Temeva che la sua fosse un’infatuazione che ben si discostava dall’amare davvero; era un innamoramento da farfalle nello stomaco o l’amore, quello doloroso e difficile, a volte troppo da sopportare, tra due persone adulte? E una volta fuori, che ne sarebbe stato di questo sentimento?
“Come se fosse possibile uscire da Aeterna” pensò.
Ancora una volta si era persa tra le pieghe del suo cervello senza seguire i consigli di Jack che da lì a qualche mese sarebbe partito per il nuovo raccolto, probabilmente a settembre come era stato per l’anno precedente. Restare senza di lui la preoccupava, ma allo stesso tempo a volte si sentiva quasi impaziente di rimanere sola per la prima volta da quando era arrivata alla Locus 3, perché magari, senza nessuna a fermarla… no, sapeva perfettamente che scappare da Aeterna e da Ernest era impossibile. Ogni tanto l’idea di farlo, non appena Jack fosse stato via per il raccolto, le era balenata in testa in quei mesi, e Jack, dall’alto della sua perspicacia, lo aveva capito e non mancava di ricordarle quali conseguenze avrebbe dovuto affrontare. Ma quelli di Ann erano pensieri per riempire il vuoto del tempo che la separava da un destino che pareva già scritto e al solo immaginare davvero di andarsene senza di lui, di andarsene e lasciarlo lì, ogni tentazione svaniva. Se mai avesse trovato il mondo di fuggire lo avrebbe fatto con Jack.
«Se proverai a scappare ti ucciderà di sicuro e io non me lo perdonerei mai. Ann, tu sei intelligente, ma lui è sempre un passo avanti a tutti. Se fosse possibile andarsene, io e altri Aeterni lo avremmo già fatto. E noi abbiamo i poteri dalla nostra parte. Eppure… Ti prego, non ci provare. Promettimelo.»
Jack le mostrò per l’ennesima volta la trappola costruita davanti al cancello di ingresso, un dissuasore in grado di imprigionare e uccidere chiunque si fosse presentato al cancello con l’intenzione di nuocere. Chiunque tranne Ernest, ovviamente le trappole non erano per lui ma per tutti quegli Aeterni che, avendo scoperto l’esistenza di Ann, volevano liberarsene in quanto Mortales. Erano ormai totalmente indottrinati da Ernest e non potevano concepire la presenza di Mortales tra loro; per fortuna il settimo livello di Jack non riguardava solo la sua capacità di rigenerare ferite non mortali, ma era riferito anche alla sua astuzia e alla sua intelligenza non comuni, che gli permettevano di affrontare le situazioni più critiche e pericolose come nessun altro.
«Starai via solo tre giorni…»
«Tre giorni di troppo. Ann, ho sentito degli amici in città, non tira una buona aria, serpeggia un comprensibile astio nei tuoi confronti. Non capiscono perché Ernest ti abbia risparmiato e ora vogliono fare il lavoro da soli. Tutti sanno quando ci sarà il raccolto e credo che qualcuno potrebbe spingersi fin qui solo per farmela pagare, a molti non è andata giù l’idea che io abbia potuto scegliere una Mortales come…»
«Non sono la tua Dimidium! – lo interruppe Ann. – Perlomeno non nel senso in cui lo intende Ernest. Non sarò mai l’altra metà della tua anima, giovane comandante» concluse con un sorriso.
«Mettiti nei loro panni, Ann… Alcuni di loro sono stati prelevati mentre stavano iniziando a costruirsi una vita, a fare progetti. Avevano mogli, mariti, fidanzati, figli, Mortales che non hanno mai più rivisto, perché l’organizzazione permette solamente di stare tra noi, di scegliersi una Aeterna Dimidium per sempre, anche se magari il loro per sempre lo avevano già promesso a una Mortales là fuori. Non dico che questa regola venga sempre rispettata del tutto, ma sicuramente non viene infranta con i Mortales.»
«Mettermi nei loro panni, come no!» Ann rise sarcastica. «Pensi che io non avessi fatto programmi? Che io non abbia lasciato indietro nessuno?»
«Certo i tuoi studi, la tua famiglia, i tuoi amici ma… avevi un marito, un fidanzato?» Jack guardò oltre al cancello, si asciugò la fronte sudata con il lembo della maglietta.
«No, ma…»
«E allora non puoi capire quello che hanno passato.»
Ci fu un lungo silenzio, l’unico suono in sottofondo era il canto degli uccelli che animavano il bosco oltre i campi. Jack iniziò ad arrotolare una corda tenendola tra la mano e il gomito, guardando in basso.
«Ma tu sì»
«Non mi va di parlarne.» Jack ricominciò a sistemare le corde che tenevano in tensione le trappole.
«N-Non ne avevo idea… pensavo…»
«Pensavi di essere la prima? Anch’io avevo una vita fuori da qui dieci anni fa, Ann… Anch’io, come te, ho perso tutto.»
«Ma avevi…?» Ann prese fiato, in realtà non voleva sapere.
«No, non avevo dei figli, ma ero felice e innamorato e so per certo che qui dentro non potrà mai più essere così. Ad Aeterna si demolisce, non si costruisce .»
«Ma tu puoi uscire da Aeterna, non hai mai provato a cercare…»
Jack la interruppe immediatamente:
«Una volta. Sei anni dopo il mio arrivo qui.» Entrò nel vialetto con la corda in mano e richiuse il cancello. «Un raccolto nel mio Stato di origine… Avevo convinto Åke ad accompagnarmi per cercarla, partendo qualche giorno prima del previsto, sapevo che Ernest lo avrebbe scoperto ma non mi interessava, se fossimo tornati con il raccolto non ci avrebbe fatto storie per due giorni in più là fuori. Volevo soltanto dirle addio. Dirle che non ero morto, che non mi piangesse più.»
«E l’hai trovata?»
«Sì… sposata con un altro. Giustamente, dopo tutto quel tempo. Così non mi sono fatto vedere, le avrei solo dato un’ennesima delusione. Senza contare che Ernest l’avrebbe uccisa.»
«Ma lei sapeva dei tuoi poteri?»
«No. Quasi nessuno di noi racconta di avere un potere alla propria famiglia o ai propri amici. Solo nei rari casi in cui inizia a svilupparsi nei bambini, allora sono i genitori ad accorgersene. Nella grande maggioranza non si manifesta in modo tale da far sì che altre persone lo notino. Durante l’adolescenza il potere cresce e ogni Aeterno raggiunge il suo livello. Ovviamente tutto ciò non vale per quelli che chiamiamo i latenti, il cui potere non è visibile neanche da Oscar perché non si è ancora manifestato. Comunque, difficilmente qualcuno rivela alla famiglia di avere qualcosa di diverso. All’inizio pensi di essere pazzo, poi che non ti crederanno mai. Hai paura che qualcuno ti consideri uno scherzo della natura, che il Governo faccia esperimenti su di te. In ogni caso Ernest riesce a farti sparire nel nulla e a non farti cercare mai più. Su di noi nessun programma televisivo, nessun annuncio sui giornali. Dispersi per anni e poi dichiarati morti, a volte per sospetto suicidio, e addio vecchia vita. Servono due cose per far scomparire una persona: soldi e potere. Ernest li ha entrambi.»
Le fece cenno di avviarsi verso il portone per rincasare.
«Sarà stato così anche per me?»
«Certo. Per quanto possa sembrarti assurdo e crudele, spero che ti stiano già dimenticando. A volte alcune famiglie si sono impuntate, hanno cercato la verità senza sosta per anni, fino ad esserne dannatamente vicini e poi… incidente d’auto, suicidio, la casa andata a fuoco… Io ho sperato che nessuno mi cercasse e dovresti farlo anche tu. Non chiedermi più nient’altro sul mio passato. Intesi? Io non esisto prima di Aeterna. Non per te.»
Quelle parole l’avevano ferita. Non esisto prima di Aeterna. Non per te.
Perché avrebbe dovuto tenerle nascosto il suo passato? Se odiava così tanto quel posto perché avrebbe dovuto dimenticare chi era stato prima di arrivarci?
Gloria –
È stato bellissimo , entusiasmante ma soprattutto coinvolgente, lo rileggerei altre mille volte senza mai stancarmene e sono sicura che sarà così anche per i prossimi che avranno il piacere di leggerlo.