Hai mica del cacao?

15,00 

di Daniela Giambattista

“Io vi avviso, questo comedy romance è un po’ ambiguo. Vi farà incazzare da morire e mordere le mani dalla frustrazione. A un certo punto vorrete persino diventare di carta, entrare nel libro e prendere a schiaffi qualcuno. Ma per la protagonista, nonché autrice, a un certo punto è diventato difficile rimanere con i piedi per terra, specialmente dopo aver conosciuto lui, il protagonista di questa storia, enigmatico, misterioso e sfuggente.

Insomma, cari lettori, mettiamo subito le cose in chiaro: se siete qui in cerca di un lieto fine, vi consiglio di scegliere un altro libro. Sì, esatto, avete letto bene. In questa storia non ci saranno dichiarazioni d’amore sotto la pioggia (non ricambiate almeno), né corse all’aeroporto all’ultimo minuto per fermare un volo. Non ci sarà nemmeno quel momento in cui lui capisce che la donna della sua vita è sempre stata lì, accanto a lui. No, niente di tutto questo. Qui c’è solo la mia versione, quella di una che ci è cascata – con stile, certo – ma ci è cascata lo stesso, con tutte le scarpe.”

Daniela ci apre le porte della sua vita e del suo cuore, lo fa in modo ironico, emotivamente intelligente e leggero. Il suo racconto è pieno di riferimenti musicali e cinematografici, come se tutta la storia fosse un grande spartito. Il tutto è condito con un linguaggio fresco e ilare che infrange più volte la quarta parete rivolgendosi direttamente al lettore.

Hai mica del cacao? È una storia vera, senza lieto fine e che vi lascerà con una grande e amara verità: le cose non vanno sempre come sogniamo.

Disponibilità: 106 disponibili

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Capitolo I

 

Il colpo di fulmine

 

 

Agosto 2020.

Sono in Puglia, nella mia adorata Carpino, piccolo Comune del Gargano ma noto centro di produzione di olio evo e fave, nonché sede per oltre vent’anni del famoso Carpino Folk Festival. Luogo di pace e serenità per me, senza orari, incombenze, doveri, impegni. Solo mare e passeggiate. Ho deciso di portarmi dietro il notebook… chissà mai mi venisse in mente di scrivere. Scrosci di pioggia intensa e incoercibile, raffiche di vento che neanche ai Tropici e un fiume di acqua torbida scende lungo lo stradone di casa nostra, sulla via principale che porta al ponte della Pinjaria. Sono bloccata a casa della zia Sinella vicaiola, nel cucinotto dove con certosina passione e dedizione prepara ogni giorno ricchitedd, maccarun antroccioli, strascineti. Il sapore ineguagliabile della pasta fatta in casa, gli anni Ottanta, i ricordi di me bambina che felice gioco con i cuginetti dell’estate, Rodi Garganico e Lido del sole, le corse fino al ponte con Tonino che chiede la mia mano a papà e che mi canta le canzoni di Christian: Presto da te ritornerò perché da solo non ci sto, sei sempre tu che amo di più, Daniela. Tutto qui mi ispira e così inizio il mio libro. Cari lettori, m’accorgo ora di non essermi neanche presentata: Daniela Giambattista, insegnante di lettere alla secondaria di I grado da vent’anni, sognatrice con i piedi sempre ben piantati sulle nuvole, inguaribile romantica, un po’ isterica però simpatica, divoratrice di libri e film strappalacrime (ho visto Incompreso almeno quindici volte), cantante faidate, pasticcera e pizzaiola pluristellata, mamma a tempo pieno, donna buffa, cocciuta e rompiscatole.

Lì, tra tuoni e lampi, in quell’angusto cucinotto anni Sessanta, è nato il mio romanzo.

 

 

29 settembre 2017

Era una mattina che aveva il sapore di tutte le altre: levataccia, colazione leggera e rassegna stampa su Rai3, e poi, una volta svegli ragazzi, le solite corse per arrivare puntuali a scuola.

Non tollero ritardi nelle mie classi e non tollererei i nostri.

Dopo aver accompagnato i bambini mi diressi, come ogni mattina, nella mia scuola.

Entrai sorridente in sala insegnanti e lo vidi.

Intuii subito che non fosse un commerciale, giunto a consegnarci dei libri di testo, ma un nuovo collega, aveva il viso impacciato del primo giorno, di chi non conosce nessuno.

Gli sorrisi, lui mi sorrise ed era fatta… fulminata all’istante.

Non ci credete? Vi giuro che andò esattamente così.

Mi sentii come Felix the cat che riceve una pietra in testa dalla sua amata gattina stronzissima.

Il suo era un sorriso a vocali aperte, un sorriso che mi entrò dentro, uno di quelli che sapevo già non sarebbe più uscito.

Lo guardai spavalda dritto negli occhi mentre mi presentai senza un velo d’impaccio, nelle sue iridi c’era il cielo terso estivo, quello di quando il giorno prima è piovuto forte, dopo forti raffiche di vento che hanno spazzato via nuvole e pensieri; dentro i suoi occhi c’era, c’è, il mare, quello delle sette del mattino, quando tutto ancora tace.

I suoi occhi erano dello stesso colore del maglioncino di cotone che indossava e che lo faceva sembrare terribilmente giovane e tenero.

Spoiler: lo era.

Mi disse che aveva scelto la cattedra di sostegno e, sperando e supponendo che fosse nella mia classe, iniziai a parlargli a raffica dell’alunno nella mia classe e delle sue difficoltà ma il sopraggiungere di una collega ci interruppe e ci spiegò che lui non sarebbe stato con noi.

Piccola delusione, pizzicorino nello stomaco… Magari era lo yogurt!

Invece no… Mille farfalle (tutte quelle che non vediamo più in giro) uscite dalla crisalide danzarono nel mio stomaco e con le ali mi accarezzarono dolcemente e, grazie a loro, dopo avergli donato un altro dei miei invulnerabili sorrisi e augurato buona giornata, volai leggiadra verso la mia classe.

Nelle mie orecchie risuonava È tutto un attimo della Oxa che so imitare così bene.

Vi confesso che anni fa avevo messo su Fb dei video in cui la imitavo, era il mio cavallo di battaglia (con camminata sensuale scalza e il filo della mutandina che fuoriusciva sopra l’anca dai pantaloni), da burlona, la imitavo (la sua erre albanese mi viene davvero bene), la imitavo come facevo con Berlusconi, la Lollo, Lilli Gruber. Mia mamma alla vista di quei video andò su tutte le furie (mai avere una mamma amica sui social) e mi redarguì ferocemente: «Queste scemenze non si addicono al tuo ruolo!»

E come darle torto!? Io però adoro cantare e iniziai a fare le mie prime imitazioni da piccola prendendo in giro proprio lei, la mia mamma, emigrata dalla Campania al Piemonte negli anni Settanta, la quale, vantandosi di avere ormai dopo tanti anni la cittadinanza piemontese, diceva: «I song piemontes ne.» E fino qui tutto abbastanza bene, tranne poi aggiungervi: «Occia! M fa mal lu cuoglie.» Traduzione: accipicchia, mi fa male il collo. Tutti ridevano. Quando sono felice ho sense of humour.

A nulla valsero le mie tenaci difese in merito al fatto che i miei video avevano salvato amici dalla depressione più acuta e conoscenti dagli istinti suicidi.

Cancellai ogni traccia dei video ma fu poi la volta di Hello from di other side.

Questa volta furono i vicini a bloccare la mia carriera a Zelig.

Ritornando seria, eccovi svelato l’inizio della nostra storia d’amore o, meglio, dovrei dire della mia storia d’amore…

Ricordo che i giorni trascorsero lievi e la nostra amicizia si consolidò presto.

Era bellissimo svegliarsi felice per andare al lavoro e incontrarlo; il venerdì, invece, proprio non mi andava giù, due giorni erano davvero troppi senza la sua voce un po’ nasale, i suoi sorrisi e i suoi immancabili: «Come stai?»

Il suo sguardo non era mai gioioso, si intuiva nei suoi occhi che qualcosa non andava ma era difficile che si sbottonasse o raccontasse della sua vita o dei suoi problemi, era sfuggente e proprio in questo suo essere enigmatico trapelava la sua magia.

Io in breve tempo, se non quel giorno stesso, fui irrimediabilmente e inesorabilmente innamorata persa di lui. Lo so, è assurdo ma fu esattamente così, mi innamorai all’istante; quando lo vedevo il cuore batteva all’impazzata e, come Baby che alla vista di quel gran figo di Swayze e alla richiesta di che cosa ci facesse nella sala da ballo rispondeva: «Ho portato un cocomero» anche io collezionavo frasi d’effetto decisamente stupide come: «Te l’hanno già detto che assomigli a Pif?»

Ma si sa, l’amore rende imbecilli.

E non so se augurarvelo o meno, un amore così intendo, un amore così fulmineo e fulminante, un amore decisamente troppo coinvolgente perché potesse filare tutto liscio. Anch’io non credevo possibile il colpo di fulmine, mi sembrava una grossa stronzata romantica, e invece era bastato uno sguardo per perdermi completamente in ciò che lui avrebbe potuto diventare per me.

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