Con Pensieri Verticali, i racconti proposti ci accompagnano lungo i pendii e le valli del Piemonte, sorvolando il Forte di Fenestrelle, impregnandoci della sana fatica di quando si affronta il Monviso o una qualsiasi camminata nei boschi, tra ricordi di gioventù, di guerre, di leggende.
Dall’introduzione di Luca Pegoraro
I frequentatori dell’ambiente montano, quei variopinti personaggi che si possono incontrare nei rifugi o durante i raduni celebrativi di antiche battaglie o mirabili scalate, sono soliti sottolineare due concetti: «Non è importante la meta, ma il viaggio» e «Lassù, in cima, le parole non arrivano: puoi soltanto osservare, in silenzio».
Tutto corretto, o almeno lo era quando vivevamo una situazione di normalità.
Con l’avvento delle prime restrizioni, abbiamo iniziato a ruminare i ricordi legati al nostro rapporto con l’orizzonte, scoprendo la volontà di dover trovare le parole adatte per renderli ancor più vividi, per poterli rivivere appieno, condividere loro – e di riflesso noi – col mondo al di là del nostro spazio confinante.
Abbiamo scoperto – o riscoperto – non solo il desiderio di tornare a connetterci con la natura, ma la necessità, un bisogno psichico e materiale di viverla. Di vivere la montagna. Ci siamo ricordati che, per quanto una fotografia panoramica scattata in cima è e rimarrà fonte di fascino, la vita naturale comprende i profumi della salita, lo sfrigolio del terriccio, miriadi di dettagli che credevamo insignificanti lungo il tragitto.
I frequentatori ripetono spesso anche un altro pensiero: «La montagna è traditrice».
Anche in questo caso, durante il primo confinamento abbiamo compreso che forse non è del tutto così, che magari invece lei semplicemente segue le sue regole. La nostra esigenza di creare una connessione tra l’essere umano e l’essere montagna, donando a quest’ultima una dimensione antropologica, si è rivelata un semplice esercizio di stile, avulso dalla realtà. La montagna non ci tradisce, né ci ama. Semplicemente, è questo ciò che traspare dai racconti qui presentati, si offre come strumento di confronto, la sfida necessaria per intuire quella parte di noi che teniamo troppo spesso sedata dagli oggetti che acquistiamo, dal verbo avere, dalla percezione proiettata sugli altri in cambio di compiacenza.
Confrontarsi con la montagna e con le sfide proposte in questi racconti, è uno scrub per l’anima, un modo per tornare a respirare quell’aria frizzante che chiamiamo libertà.
E dunque: buona lettura, buon viaggio.
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