01.
Se ne stava rannicchiata in un angolo, le gambe strette al petto, immersa in un dolore feroce che le imperava tutto il corpo.
Le sue urla riecheggiavano lontane, un attimo di tregua in mezzo a quell’impetuosa tempesta che non accennava a placarsi.
«Azzurra, smettila di piangere!»
Non si era nemmeno resa conto delle lacrime che le uscivano copiose; il salato del pianto andava a mescolarsi col sapore ferroso che usciva sempre più abbondante dalle narici e dal lato sinistro delle labbra.
Azzurra era lì, inerme, mentre la mente viaggiava rapida verso il ricordo del primo incontro con quell’uomo che ora si era trasformato in una belva impazzita.
Lei, la ragazzina dai lunghi capelli biondo miele, con qualche lentiggine su quel naso perfetto, occhi castani così profondi e sinceri da innamorarsi al primo sguardo, magra con le forme al punto giusto sempre ben nascoste dai maglioni che allungava ben oltre il limite dei polsi per nascondere le unghie mangiucchiate.
Quel pomeriggio sempre stava facendo ritorno a casa, affiancata dalle sue migliori amiche dai tempi dell’asilo: Chiara e Alice.
Alice, bionda, occhi azzurri, sicura di sé e piena di ammiratori pronti a tutto, quando lei invece aveva come unico amore la danza classica, passione che sperava un giorno la portasse a solcare i palchi dei maggiori teatri internazionali.
Al fianco destro di Azzurra invece camminava a passo deciso Chiara: riservata, scostante, appassionata di calcio e maschiaccio anche nell’abbigliamento.
Erano stati per lei la sua famiglia.
Durante la separazione dei genitori le loro case erano divenute per Azzurra un porto sicuro; il loro supporto era stato indispensabile per impedirle di cadere in una profonda crisi adolescenziale, crisi che la situazione familiare avrebbe reso ancora più ostica da superare.
Le tre ragazze erano troppo intente a scambiarsi confidenze per rendersi conto di essere seguite in motorino dal bulletto della scuola, fino a quando la distanza tra loro fu talmente esigua da obbligare il gruppetto a uno scambio di parole.
«Ti posso accompagnare a casa?» esordì Marco con lo sguardo fisso su Azzurra, quegli occhi neri che la inchiodavano e le impedivano qualunque tipo di reazione.
«Non vedi che è già in ottima compagnia?» controbatté in tono acido Alice, ben consapevole del carattere mite della migliore amica, totalmente incapace di usare la parola “no”.
«Aspetterò un’occasione migliore allora» riprese subito il giovane, senza mai distogliere lo sguardo da quegli occhi da cerbiatto che lo guardavano impietriti.
Marco, il classico “cattivo ragazzo”, un passato difficile e le plurime bocciature che lo bloccavano a vent’anni ancora al quarto anno di liceo. La sua passione erano i motori: il tempo libero lo trascorreva in officina dove, grazie a un amico di famiglia, affiancava un esperto meccanico per imparare quello che sarebbe divenuto il suo mestiere.
E se in officina si sentiva a suo agio, non poteva dire la stessa cosa a proposito della sua vita in famiglia. Lui, il figlio più piccolo, si era visto costretto negli anni a difendere ripetutamente la madre dalla furia cieca di un padre che spesso rincasava ubriaco e pronto a sfogare la sua frustrazione da disoccupato e mantenuto su di lei, quella donna gracile che faceva il doppio lavoro per mantenere i figli e quell’ubriacone che aveva disgraziatamente sposato.
La rabbia lo aveva fatto crescere come un adolescente problematico e, dopo la ribellione della madre e la cacciata di casa del “donatore di sperma” – come lo definiva sempre lui – aveva trovato nelle droghe la “pace” ai propri dolori.
Marco era bellissimo: le origini siciliane lo rendevano irresistibile. I capelli scuri incorniciavano il viso olivastro illuminato da quegli occhi così profondi che rendevano difficile distinguere il contorno della pupilla, la mascella ben definita e le labbra carnose, l’atteggiamento da duro, la camminata sicura… insomma, a scuola era al centro degli interessi femminili. Consapevole delle sue potenzialità aveva fatto strage di cuori lasciando dietro di sé una fila di ragazzine illuse, usate ed abbandonate troppo intimorite dai suoi improvvisi sbalzi d’umore per tentare di avere chiarimenti ai suoi comportamenti da vero …beh, non proprio da bravo ragazzo.
Adesso le attenzioni erano completamente rivolte all’unica della scuola che non le rivolgeva il minimo sguardo, impassibile alle occhiate che le rivolgeva non appena si incontravano nei corridoi. Era una sfida per lui: questo è ciò che continuava a ripetere a quegli amici con cui condivideva stile di vita e scelte sbagliate.
I suoi tentativi per ottenere un appuntamento da quella splendida fanciulla totalmente inconsapevole delle sue qualità divennero sempre più frequenti e grandiosi. I mazzi di rose sul banco, i pupazzi giganti sulla sedia vuota, striscioni, lettere; Marco non aveva per niente presente il significato della parola “no” e tanta sicurezza e fermezza stavano facendo cadere le barriere di Azzurra nonostante i ripetuti consigli dell’amiche di evitare un simile personaggio.
Lui era bravissimo a mostrarle solo il suo lato tenero e romantico… Azzurra cosa poteva desiderare di più?
02.
Pochi giorni dopo quel suo primo approccio diretto, Marco aspettò che le amiche di Azzurra si dileguassero ognuna verso la propria abitazione, per intercettare la ragazza mentre infilava le chiavi nel cancelletto del condominio.
«Ehi che ci fai qui?!» esclamò Azzurra, sussultando un po’ per lo spavento un po’ per l’imbarazzo.
«Potrei mentire e dire che passavo qui per caso ma le bugie non sono proprio il mio forte…»
Marco scese dal motorino, inserì il cavalletto e si avvicinò con fare calmo, mentre il cuore della ragazza cominciava a battere all’impazzata, inquieta al pensiero di quanto sarebbe potuto accadere.
«Sono qui per te perché spero davvero di riuscire a farti accettare un mio invito. Un gelato eh, niente di strano… poi potrai anche respingermi ma almeno concedimi una possibilità. Prometto che non ti deluderò.»
Rimase a guardarla con sguardo dolce e supplichevole; per Azzura era praticamente impossibile negargli una possibilità.
«Domani ho gli allenamenti di pallavolo ma dopo potresti venirmi a prendere…»
«Con estremo piacere. Dimmi orario e luogo, sarò lì ad attenderti.»
«Sei e mezza fuori le scuole medie; per le otto però devo essere a casa, non posso mancare per cena.»
«Sarai puntualissima, promesso.»
Marco si voltò per raggiungere il “bolide” completamente modificato di cui andava tutto fiero, salì sulla sella e prima di inforcare la via si girò nuovamente in direzione della ragazza, ancora sconvolta dall’invito ricevuto.
«Sono troppo contento che tu mi abbia dato questa chance, a domani principessa!»
E se ne andò via stridendo le ruote sull’asfalto.
Quella notte sicuramente non sarebbe riuscita a dormire: quante notti insonni la stavano attendendo?
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